Il Sapere laico di Carlo Bernardini
“Il problema che intendiamo affrontare è quello, non facile, di raccordare l’internazionalismo ormai consolidato della scienza e della tecnologia con le peculiarità e le difficoltà della nostra cultura nazionale”. Così annuncia nel suo primo editoriale il fisico Carlo Bernardini, chiamato da Raimondo Coga a risollevare le sorti di Sapere.
Con il numero di gennaio 1983 si apre una nuova fase della ormai lunghissima – quasi mezzo secolo – vita della rivista fondata da Hoepli. La redazione torna a stabilirsi a Roma, in corso Trieste, e dal 1985, con una nuova veste grafica, Sapere si presenta con un comitato scientifico di altissimo profilo che comprende, tra gli altri, Corrado Bohm, Alessandro Braccesi, Tullio De Mauro, Adriano Gozzini, Felice Ippolito, Rita Levi Montalcini, Danilo Mainardi, Giorgio Parisi, Paolo Rossi, Giorgio Tecce.
Bernardini promette ai lettori «testi che possano essere letti da persone che abbiano una normale cultura scolastica e tuttavia non abbiano familiarità con linguaggi formali”, senza escludere contributi “in cui il rigore minimo necessario perché la lettura procuri conoscenze e non solo vaghe suggestioni (come purtroppo accade spesso nella divulgazione) sia rispettato».
Spirito critico e rifiuto dell’irrazionale, senza ammiccamenti di sorta, sono le parole d’ordine del Sapere diretto da Bernardini, che sin dai primi numeri si contraddistingue per una particolare attenzione ai problemi della formazione, dell’epistemologia e della storia della scienza, della ricerca di base, della pace e del disarmo nucleare. Temi trattati anche in una serie di rubriche fisse affidate ad autorevoli esperti – come il fisico Francesco Calogero, segretario generale del Pugwash Conferences on Science and World Affairs dal 1989 al 1997, lo psicobiologo Alberto Oliverio, l’alimentarista Emanuele Djalma Vitali, l’archeologo Paolo Matthiae, il matematico Roberto Magari – o scienziati esordienti nel campo della divulgazione, come il matematico Piergiorgio Odifreddi e il biologo Massimo Pigliucci. Grazie alla vicedirettrice Daniela Minerva, inoltre, le pagine di Sapere aprono uno spiraglio anche sugli studi di genere e sul ruolo delle donne nella scienza. Un filone inaugurato nell’ottobre 1984 con un primo articolo di Adrienne Zihlmann, l’antropologa che per la prima volta ha tratto dall’oblio le nostre antenate preistoriche.
La direzione di Carlo Bernardini si protrarrà sino al dicembre 2013, ben oltre l’arco temporale qui considerato. Una straordinaria avventura culturale e umana celebrata, al traguardo dei 25 anni, con un numero speciale che raccoglie ricordi e riflessioni di Carlo Bernardini, Francesco Lenci, Franco Foresta Martin, Piero Bianucci, Enrico Bellone, Marco Cattaneo, Marina Marrazzi, Silvie Coyaud e Letizia Gabaglio.
Fonti
Patrizia Capraro, 50 anni di Sapere, in Sapere, n. 873, 1/1985, p. 49.
Carlo Bernardini, Hic manebimus optime, in Sapere, n. 1057, 4/2008, p.6.